martedì 7 aprile 2020

Il 'pericolo' di una 'nuova' Apocalisse #STEP07

La primavera hitleriana 
Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchia
come su zucchero il piede; l'estate imminente sprigiona
ora il gelo notturno che capiva
nelle cave segrete della stagione morta,
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.
Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch'esse
di cannoni e giocattoli di guerra,
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi,
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
s'è tramutata in un sozzo trescone d'ali schiantate,
di larve sulle golene, e l'acqua séguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole.
Tutto per nulla, dunque? – e le candele
romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
l'orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
forti come un battesimo nella lugubre attesa
dell'orda (ma una gemma rigò l'aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
gli angeli di Tobia, i sette, la semina
dell'avvenire) e gli eliotropi nati
dalle tue mani – tutto arso e succhiato
da un polline che stride come il fuoco
e ha punte di sinibbio....
Oh la piagata
primavera è pur festa se raggela
in morte questa morte! Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell'Altro e si distrugga
in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
che salutano i mostri nella sera
della loro tregenda, si confondono già
col suono che slegato dal cielo, scende, vince -
col respiro di un'alba che domani per tutti
si riaffacci, bianca ma senz'ali
di raccapriccio, ai greti arsi del sud...
La primavera hitleriana - Studente Novello Riccardo - Medium
Hitler e Mussolini
Questo testo di Eugenio Montale è stato composto tra il 1939 e il 1946, in seguito alla visita di Hitler a Firenze nella primavera del 1938, e assume i tratti di una vera e propria dichiarazione di antifascismo.
Il poeta, attraverso l'uso di un linguaggio biblico, sottolinea l'immane tragedia del momento storico e il pericolo di un male assoluto, contro cui l'umanità deve combattere e resistere, affidandosi al bene.
La poesia si può suddividere in due parti: la prima presenta il "trionfo" di Hitler a cui associa immagini infernali e cupe, la seconda, invece, si focalizza sulla figura di Clizia, una sorta di "donna-angelo", che, sacrificandosi come un "nuovo Cristo", assicurerà la salvezza all'umanità.
La visita di Hitler in Italia viene descritta da Montale come una "nuova Apocalisse", infatti, il capo del nazismo è un "messo infernale", i due dittatori sono assimilati a dei "mostri" e la città al loro arrivo spranga le porte e le vetrine. In questo clima così tetro, l'unica speranza viene da Clizia, che conserva un amore immutato (secondo il mito greco il girasole, qui Clizia, era destinato a guardare in eterno il sole, conservando intatto il suo amore) tale che la luce che porta dentro di sé  si annienti per la salvezza di tutti.


Fonte:
Marta Sambugar, Gabriella Salà, Paesaggi letterari, ed. La Nuova Italia (2015).

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